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di Stefano Menna
23 ottobre 2023 – C’è chi, come Carla, ha iniziato a frequentare un corso di danza orientale. O Elena, che ha ripreso ad andare in palestra e si è appassionata al body building. Poi Debora, che ha aperto un bar. Laura invece ha ricominciato a studiare e ora sta preparando la tesi magistrale. Chi sogna di fare il medico da grande, come Elisa, e chi il sogno di diventare mamma lo ha già realizzato, come Michela e Federica.
Le storie immortalate nella mostra fotografica “Invisible Body Disabilities” raccontano disabilità invisibili e frammenti di vita di oltre 70 donne e ragazze affette da patologie infiammatorie croniche intestinali. Mamme, figlie e adolescenti che hanno scelto di farsi riprendere libere da ogni pregiudizio, per svelare le ferite dietro un sorriso, il dolore dietro a un gesto di riscatto e vittoria. Scatti artistici, tutti in bianco e nero, testimonianze plastiche di percorsi di vita, obiettivi raggiunti, fallimenti, successi, rinascite.
L’esposizione, promossa dall’Associazione nazionale per le malattie infiammatorie croniche intestinali – Amici Italia Ets, è realizzata dalla fotografa e divulgatrice scientifica Chiara De Marchi, colpita lei stessa da rettocolite ulcerosa dall’età di 21 anni. La mostra, già inaugurata in numerose città, è itinerante e viene ospitata da diversi ospedali: il calendario è via via annunciato sui profili social della fotografa. Fino al 30 ottobre sarà al Policlinico Gemelli di Roma, hall del 4° piano, ala L/M del nosocomio romano.
Le malattie infiammatorie croniche dell’intestino sono patologie autoimmuni che in Italia interessano circa 300 mila persone, 6 milioni in tutto il mondo, la maggior parte donne e giovani: l’esordio clinico in genere si ha tra i 15 e i 45 anni. Pesante l’impatto sulla vita personale, relazionale e lavorativa. Sono in corso studi per stabilire gli elementi clinici, endoscopici, radiologici ed ematochimici per indentificare i pazienti a più alto rischio di malattia grave e complicanze. Gli sforzi della ricerca sono rivolti anche a sviluppare tecniche chirurgiche meno invasive, dal momento che una percentuale significativa di pazienti è ancora costretta a ricorrere all’intervento.
Il progetto in mostra, che già nell’acronimo IBD richiama la definizione inglese di Inflammatory Bowel Disease, nasce dal bisogno di oggettivizzare e condividere il dolore, sensibilizzare l’opinione pubblica su queste malattie, unire le persone che vivono queste esperienze, lanciare un messaggio di coraggio e speranza.
Diagnosi a volte improvvise, conseguenza di un ricovero o di un intervento d’urgenza, a volte invece esito di una sequela estenuante di visite, esami, controlli. Esistenze stravolte dalla malattia, ma non spezzate. Neanche di fronte agli insuccessi delle tante terapie tentate o alle parziali e momentanee remissioni, mai sinonimo di guarigione definitiva. Perché soffrire di rettocolite ulcerosa o di morbo di Crohn è come viaggiare sulle montagne russe: un alternarsi di cadute e risalite, alla continua ricerca di quel precario punto di equilibrio che permetta di convivere con la malattia. Facendo leva, perché no, anche sull’ironia: “a parte 30 cm di intestino, non ho niente meno degli altri”, sottolinea Martina nella sua testimonianza.
Lungi dal ricorrere a un taglio didascalico né tantomeno paternalistico, gli scatti fanno emergere dall’oblio e portano alla luce vite troppo spesso nascoste per paura, pudore o vergogna. L’obiettivo di Chiara De Marchi dà così voce e volto alle emozioni e alla sofferenza, non sempre visibile a occhio nudo, di chi non teme di mostrare le proprie fragilità, per affrontarle e provare a superarle. Cicatrici dell’anima e del corpo, da esibire con dignità e orgoglio. L’ambizione è di guardare al domani con fiducia per raccogliere nuove sfide, senza mai rinunciare a essere sé stesse fino in fondo. Nella ferma consapevolezza di essere altro dalla propria malattia.