La bellezza che cura

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Medicina dal volto umano, solidarietà, terapia e benessere psicofisico sono alcune caratteristiche del progetto di digital therapy Art4ART del Policlinico Gemelli. Un’iniziativa che Casagit Salute sostiene attraverso la raccolta del 5×1000

di Stefano Menna

26 maggio 2022 – La tecnologia a servizio della conoscenza, la conoscenza a servizio del paziente. Se a questo connubio aggiungiamo una componente artistica – il potere della bellezza – si può aprire un canale di comunicazione profondo per promuovere l’accoglienza e la cura del paziente, in una situazione di particolare difficoltà come quello della malattia oncologica.

A illustrare la filosofia che orienta le attività del Centro di radioterapia oncologica della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS a Roma è il professor Vincenzo Valentini, direttore della struttura e del Dipartimento di Diagnostica per Immagini, Radioterapia Oncologica e Ematologia del Gemelli, che oggi ha incontrato e guidato nella visita al suo reparto il presidente di Casagit Salute Gianfranco Giuliani, il vicepresidente vicario Gianfranco Summo e il presidente della Fondazione Casagit Giampiero Spirito.

Valentini è l’ideatore di Art4ART, un progetto innovativo di approccio al paziente oncologico che Casagit Salute sostiene attraverso la raccolta del 5×1000 presso i propri soci.


Il progetto Art4ART

L’idea è quella di rivestire di bellezza, in tutte le sue declinazioni, i trattamenti oncologici di ultima generazione, come l’Advanced Radiation Therapy – Art4ART, appunto. Si tratta di un’esperienza personalizzata e multidimensionale, per confortare i pazienti nel proprio percorso terapeutico: la fruizione di architettura, pittura, musica, cinema o fotografia aiuta ad affrontare le terapie e ridurre ansia, stress e paure, consentendo una migliore risposta ai trattamenti.

L’impiego delle tecnologie multimediali non ha solo uno scopo di intrattenimento, ma favorisce la partecipazione consapevole del paziente alle cure e conseguire risultati positivi sul piano clinico. Per questo approccio – noto come digital therapy, già riconosciuta da itinerari autorizzativi in Francia e Germania – la stessa Commissione europea ha pubblicato linee guida per una prossima implementazione in tutta Europa.

Il cuore del progetto è una piattaforma digitale che, attraverso tecnologie informatiche e multimediali, permette di personalizzare l’ambiente dove il paziente si cura: si va da corridoi affrescati con le riproduzioni di luoghi simbolo di Roma, a sale immersive dove scegliere quale musica ascoltare o quale film vedere durante la terapia. Non manca l’utilizzo di piante e fiori come elementi di ulteriore umanizzazione dell’ambiente, per rendere più accogliente e confortevole il contesto di cura.

Un’attenzione particolare è dedicata ai pazienti più piccoli, che negli spazi di terapia loro riservati diventano protagonisti di una favola: un acquario in corridoio, disegni colorati realizzati dagli stessi ospiti del reparto, giochi di luce e colori proiettano i bambini in un meraviglioso mondo subacqueo, fino alla stanza della radioterapia che riproduce gli interni di un grande sottomarino. Una narrazione fantasiosa che mette il piccolo al centro delle cure e rende più sostenibile il percorso di malattia.


I primi risultati

“Curiamo circa 12.000 pazienti l’anno, realizziamo 58.000 sedute di radioterapia, in un contesto multidisciplinare di altissimo livello di competenza, innovazione e strumentazione. Consideriamo quindi essenziale un ambiente che favorisca la partecipazione alla terapia, per ottenere i migliori risultati clinici e crediamo sia necessario sviluppare una relazione speciale con il paziente, accoglierlo come persona, lavorando su ascolto, empatia e supporto psicologico”, spiega il professor Vincenzo Valentini.

Grazie ad algoritmi è possibile associare i dati clinici del paziente con le esperienze artistiche o i contenuti prediletti, per verificare se l’esposizione immersiva all’arte possa avere effetti misurabili sugli esiti del trattamento: nel breve termine sono studiate tolleranza e adesione alle terapie, a lungo termine si valuterà invece l’impatto su controllo della malattia e sopravvivenza. Alcuni risultati sono già confortanti: uno studio, realizzato attraverso test psicologici effettuati su 104 pazienti affetti da glioblastoma, stima un tasso di sopravvivenza a due anni 3 volte più alto in chi ha beneficiato del contributo dell’arte nel proprio percorso terapeutico. Il meccanismo fa leva sulle capacità di resilienza e spiritualità (nel senso più ampio del termine) che vengono stimolate dall’immersione nella bellezza.


Un modello da esportare

Il progetto vede il coinvolgimento e il supporto di diversi stakeholder e rappresentanti della società civile, che hanno contribuito con la donazione di beni o contenuti: per esempio, i Musei Vaticani hanno messo a disposizione immagini ad alta risoluzione di cento capolavori delle loro collezioni, il Fondo per l’ambiente italiano ha offerto tour virtuali delle propri beni, Corrado Augias ha contribuito con i suoi racconti delle città, Confagricoltura ha predisposto il verde degli ambienti con un approccio improntato all’ortoterapia.

Questa nuova frontiera, che coniuga la scienza medica con l’arte e la promozione del benessere con il patrimonio culturale, rappresenta un esempio pionieristico di umanizzazione delle cure ad alto contenuto scientifico, ma anche un modello di welfare culturale esportabile. La sfida è ora quella di creare un format di ispirazione per nuove esperienze simili, in altri contesti e luoghi di cura, per condividere risultati positivi in termini di impatto sanitario, sociale, culturale e umano.


Foto in alto: il presidente Giuliani con il professor Valentini

Foto al centro: l’ingresso alla sala radioterapia per i più piccoli

Foto in basso: un momento dell’incontro Casagit-Gemelli