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di Stefano Menna
19 aprile 2024 – Vivere più a lungo, ma soprattutto vivere in salute. Quello dell’invecchiamento è un tema attuale e trasversale, che interroga in primis la sanità ma che ha un impatto su tanti altri settori: dalla politica alla tecnologia, dal lavoro all’informazione. Se ne è parlato a Roma al corso di formazione “Invecchiamento, salute e prevenzione. Giornaliste e giornalisti alla prova”, organizzato dall’Unione nazionale giornalisti pensionati Ungp-Fnsi in collaborazione con Casagit Salute. Il seminario, moderato dalla vicepresidente Ungp Patrizia Disnan, ha promosso una riflessione sui temi dell’invecchiamento, salute e prevenzione delle patologie specifiche delle anziane e degli anziani.
Gli ultimi dati Istat parlano chiaro, viviamo una congiuntura demografica senza precedenti. Grazie al progressivo allungamento della speranza di vita, oggi una persona su quattro ha più di 65 anni. Una quota destinata a salire ancora, fino a rappresentare il 33% della popolazione nel 2051. Contemporaneamente, a causa del crollo della natalità, non abbiamo mai avuto così pochi giovani come ora: un over 80 per ogni under 10.
“L’età media in Italia arriva a 82,9 anni, siamo secondi solo al Giappone. Ma a pesare di più è un altro indicatore: l’aspettativa di vita in buona salute, che oggi si attesta sui 60 anni. È questo il livello che dovrà alzarsi nei prossimi anni”, spiega Silvio Brusaferro, già presidente dell’Istituto superiore di sanità e ordinario di Igiene e medicina preventiva all’Università di Udine. “Appena il 20% della salute dipende dalla genetica: il resto lo fanno le scelte individuali e di comunità, frutto della nostra capacità di adattamento ai cambiamenti. Investire su questi determinanti di salute significa migliorare la produttività del Paese, creare un’economia del benessere: non il semplice aumento del pil, ma un ‘capitale sociale’ che ha a che fare con la qualità della vita a 360°”.
Per realizzare questo sistema di welfare, un ruolo chiave lo gioca la prevenzione. Prevenzione nella prospettiva di un processo continuo, che duri per tutta la vita e sul quale incidano sia le scelte individuali – stili di vita, adesione agli screening, vaccinazioni, controllo precoce dei deficit sensoriali ecc – sia le decisioni di sanità pubblica. “Serve una nuova organizzazione e collaborazione, non solo sanitaria. Urbanistica, mobilità, ambiente, scuola, domotica, alimentazione, sport, spazi di socializzazione: tutti settori e fattori che concorrono a costruire la nostra salute. La sfida per la sostenibilità del Ssn sarà allora quella di creare reti di sostegno e protezione attorno alle persone, a iniziare dai più fragili: una vera e propria comunità di prossimità”, continua l’ex presidente Iss.
Si tratta di valori e temi sensibili per Casagit Salute, a iniziare dalla definizione dinamica del concetto di anziano. “In Casagit abbiamo portato il limite di iscrizione da 60 anni a 75 anni, proprio perché non era più aderente alla realtà e alle attuali condizioni sociosanitarie. A differenza delle assicurazioni, infatti, non discriminiamo nessuno in base all’età, l’assistenza dura per tutta la vita e solo il socio può recedere dal vincolo di iscrizione. Anche quando i consumi sanitari inevitabilmente col tempo tendono ad aumentare”, spiega Gianfranco Giuliani, presidente di Casagit Salute. “Abbiamo inoltre creato un nuovo piano sanitario (Salute Argento), proprio per offrire un percorso di assistenza e cura a chi ha più di 60 anni”.
Oggi in Casagit i soci ultrasessantacinquenni sono oltre 13 mila – più del 23% degli iscritti – oltre 2 mila gli over 85 (con 36 centenari, dei quali 26 sono donne). Una popolazione che assume molti farmaci, richiede accertamenti diagnostici e ricorre a terapie oncologiche e di supporto alla non autosufficienza. “Il nostro è un quadro demografico coerente con quello nazionale: significa che nei prossimi anni saremo chiamati ad assistere persone con un’aspettativa più elevata, a cui garantire un’adeguata qualità della vita e in un contesto in cui la solidarietà intrafamiliare va riducendosi sempre più”, continua Giuliani. L’Istat stima infatti che nel 2040 ben 10 milioni di persone vivranno da sole. E a isolamento e solitudine sono associati un aumento del 50% del rischio di demenza e di 4 volte quello di morte.
Serviranno allora forme di sostegno e presa in carico inedite, anche traducendo in strutture più organizzate reti ed esempi di solidarietà spontanea. “Dovremo spostare gradualmente la nostra attenzione dal rimborso delle singole prestazioni a una presa in carico complessiva delle persone nella loro quotidianità. Per garantire loro assistenza, copertura e tutela soprattutto nei momenti di difficoltà e fragilità, come in caso di perdita di autonomia o cronicità”, sottolinea Giuliani. “Intendiamo inoltre sperimentare e promuovere iniziative di educazione alla salute, che possano tradursi in una prevenzione davvero efficace, e non in scelte inadeguate o à la carte. Anche accompagnando i soci lungo l’intero corso della vita, ricordando loro le prestazioni più appropriate da eseguire in base a una serie di parametri, per esempio età e genere”.
Rientrano in quest’ambito diverse iniziative a carattere medico-scientifico di Casagit Salute, alcune in corso o già realizzate (diabete, indagine su stress in redazione) e altre in programma (dermatologia, reumatologia). Un esempio su tutti, lo studio effettuato assieme alla Fondazione Igea sul decadimento dei livelli cognitivi cui hanno partecipato 1.772 giornalisti over 50, che si sono sottoposti a colloqui individuali con neuropsicologi. Nel 48% dei casi sono stati riscontrati parametri normali, nel 39% è stato suggerito un controllo entro 12 mesi, nel 5% un controllo entro 6 mesi, nell’8% è stato consigliato un consulto immediato col proprio medico di famiglia o con lo specialista alla luce di segnali e condizioni allarmanti. “Si tratta di un dato molto significativo, la non conoscenza dei propri limiti è un rischio serio. Siamo chiamati a far crescere la consapevolezza dell’importanza di prendersi cura di sé, tanto più con l’avanzare degli anni. L’obiettivo è un futuro in cui anche la terza età sia tutelata: dobbiamo diventare capaci di guidare e orientare le persone per tutta la vita, anche in caso di perdita di autosufficienza”, conclude Giuliani.
Quello della non autosufficienza è in effetti un macigno che pesa sulla sanità e sulla capacità di assistenza degli anziani, in ospedale e sul territorio. “Dopo gli 80 anni, 4 anziani su 10 perdono la propria autonomia. Oggi abbiamo 2,8 milioni di non autosufficienti in Italia: di questi, 1 milione è privo di assistenza domiciliare e 382 mila non hanno assistenza di alcun tipo. Il sistema sanitario non riesce a prospettare soluzioni perché mancano risorse, umane ed economiche: neanche i 12,4 miliardi di spesa pubblica per la long term care bastano più. Dovremo almeno iniziare a discutere su come invertire questa tendenza”, sottolinea Giovanni Leoni, vicepresidente della Federazione nazionale dell’Ordine dei medici e odontoiatri (Fnomceo).
Dopo i saluti istituzionali di Paolo Serventi Longhi (presidente Ungp), Maurizio Di Schino (Giunta Fnsi), Paola Spadari (segretaria nazionale Cnog) e Guido D’Ubaldo (presidente Ordine giornalisti Lazio), il corso – a cui ha partecipato anche il presidente di Fondazione Casagit Giampiero Spirito – ha previsto relazioni sulle conseguenze dell’invecchiamento nel rapporto tra le generazioni, sul tema della salute delle giornaliste e dei giornalisti anziani o pensionati, e sull’impatto – anche deontologico – sul mondo dell’informazione. In particolare Silvia Garambois, giornalista dell’associazione Giulia, ha affrontato il tema del pregiudizio di genere nella ricerca farmacologica, che dipende da bias cognitivi e pregiudizi. Manca un bilanciato arruolamento di maschi e femmine negli studi clinici, perché li renderebbe molto più complessi e costosi. Un difetto che non solo comporta un deficit di equità nelle cure, ma che in alcuni casi può provocare anche danni alle pazienti. Secondo la scrittrice Lidia Ravera – che si è soffermata sul ruolo sociale e politico dei “grandi adulti” e sull’importanza di un invecchiamento attivo – oltre a una medicina di genere, esiste anche un invecchiamento di genere: perché le richieste e le pressioni sociali sono ancora forti e continue. Maria Zegarelli (vicepresidente Consiglio di disciplina dell’Ordine dei giornalisti) ha infine proposto una riflessione sugli aspetti deontologici dell’informazione sulla salute, anche a livello europeo. Con la delega alle grandi piattaforme digitali del controllo e della verifica dei contenuti e la diffusione delle fake news, si incide sui diritti fondamentali delle persone. Si tratta di una dinamica che deve interrogare la professione giornalistica, che ha un ruolo chiave nel garantire un’informazione pertinente e corretta.